martedì 14 febbraio 2012

Luca


La “Sindrome da foglio bianco” non mi capitava dai tempi in cui mi accingevo a scrivere la tesi di laurea sette anni or sono. Eppure faccio il giornalista pubblicista da qualche tempo e scrivo praticamente ogni giorno della settimana. Il punto è che, questa volta, tocca scartabellare tra i ricordi. Ed essendo ormai un (quasi) vecchio rincoglionito sbrogliare la matassa non è per nulla facile.

Proviamo a semplificare con una semplice associazione di idee/immagini. Se penso a Viatosto la prima che mi viene in mente è “la limonata”. Il riferimento è ovviamente alla bevanda dissetante che tutti quanti inseguivamo in età adolescenziale. Perché a Viatosto, a vedere il panorama, ci portavi mica la nonna? A Viatosto: 1) c’è il muretto panoramico della chiesa che dà sulla città (e non solo), 2) c’è il bar, 3) c’è il parco con le panche in cemento armato stile DDR, 4) ci sono gli alberi dietro le panche in cemento armato stile DDR che garantiscono quella piacevole frescura anche negli impossibili e afosissimi pomeriggi estivi, 5) c’è un salubre percorso di qualche chilometro nel verde che conduce al parco con gli alberi che fanno ombra sulle panche in cemento armato stile DDR.
E’ la campagna in un angolo di città che rischia di diventare sempre più città e sempre meno campagna.

Un quadretto ideato da chissà quale essere umano in tempi ormai remoti e in cui ogni elemento esiste appositamente per accompagnarci nelle diverse fasi della nostra vita.

Mi spiego.
1) Il muretto con panorama facilitava l’accesso di noi tutti alla limonata. Conoscevi una ragazza e, se il sabato pomeriggio non eri di quelli che si facevano le vasche in centro per prendersi schiaffi dagli zarri di turno a cui non offrivi almeno UN PACCHETTO di sigarette, mettevi in moto lo scooter e ti recavi (rigorosamente in due senza casco – grazie Max Pezzali) in loco con la (futura) concupita a dirti parole impossibili (grazie Dawson’s Creek) cercando di fare come i fighi dei telefilm (grazie Dylan di Beverly Hills 90210).
2) Il bar….vabè...perché non bersi una birra anche ad agosto con 43°C all’ombra?
3) e 4) Le panche in cemento e bla bla…ricordo di aver preparato un esame di storia della filosofia antica su quelle panche in cemento e bla bla e di aver anche preso un 27 bello rotondo con Cambiano. Sarà stato per le panche in cemento e bla bla o per la frescura degli alberi alle spalle delle panche in cemento e bla bla….fatto sta che se ho preso 27 in un periodo in cui il caldo mi faceva svenire un giorno sì e l’altro pure vuol dire che quelle panche e quegli alberi, a conti fatti, rappresentano IL BENE.
5) Il percorso di qualche chilometro in saliscendi che conduce al parco con gli alberi che bla bla è la scusa plausibile di ogni astigiano per mettersi in pace con la propria coscienza e provare a superare la prova costume. Ok, le mie velleità da ex atleta caduto in disgrazia mi portano più a puntare sulla simpatia, ma non nascondo il perverso piacere di trotterellare su e giù per quel sentiero riparato dalle fronde delle querce (o almeno da quelle rimaste) nel clima mite della primavera.

E vengo al punto.
A Viatosto ci vai da ragazzo per limonare, ci torni da studente per rilassarti e/o studiare e/o farti una birra, ci vai da ex studente per tentare di tornare com’eri da studente, ci torni da adulto per goderti aria buona, bel panorama e giornate serene a due passi da casa con la persona che ami, con un amico che non vedi da tempo (e che magari anni fa era sullo stesso muretto della chiesa a limonare a sua volta con qualche ragazza) o con la nonna che non vedi da troppo tempo, ci tornerai da vecchio per ricordare i bei tempi andati o semplicemente per non divenire vittima inerme dell’artrosi.

Viatosto è, in ultima analisi, una metafora bucolica e provinciale della vita. Noi tutti abbiamo bisogno di un posto che, rimanendo romanticamente sempre uguale a sé stesso, ci metta di fronte ai nostri cambiamenti in rapporto ad esso.
Game, set, match.

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