mercoledì 18 maggio 2011

Il concetto di bene immateriale

La questione della "fine del paesaggio" è ormai ben conosciuta da urbanisti e sociologi. Gli effetti negativi che le grandi e anonime periferie-costruite in maniera poco razionale e rispettosa delle esigenze di socialità e bellezza insite in ogni essere umano- esercitano sui loro abitanti sono noti. Questo non significa che tutti gli abitanti li subiscano: vi sono periferie che conservano (proprio grazie a chi ci vive) coraggiosi e poetici angoli di bellezza. Il problema della fine del paesaggio è quindi etico prima che estetico: significa che siamo disposti a sacrificare questo bene immateriale in virtù di ragioni di tipo economico, senza dubbio più soddisfacenti nel breve periodo. Un piccolo esempio: se per fare posto ad una nuova costruzione abbattiamo un gruppo di alberi che ombreggiavano un'area urbana, senza dubbio creiamo un'utilità economica per il costruttore, per gli acquirenti del fabbricato e per chi ci vivrà. Avremo però eliminato un luogo che poteva fornire ristoro ad altri soggetti, sia in termini funzionali (ombra) che estetici. Si dirà, esigenze economico-abitative possono giustificare una modificazione del paesaggio, e senza dubbio ciò è vero. Ma è altrettanto vero che a fronte di questo argomento, se ne può sollevare un altro fondato sull'importanza della persistenza di un dato paesaggio. E quest'ultimo argomento è tanto più forte quanto più si riesca a dimostrare il peso e la qualità di questo bene immateriale. La prova di ciò non è facile da ottenere: si basa sulla raccolta delle testimonianze, delle emozioni, delle parole che siamo disposti a spendere per renderlo vivo e presente, per dimostrare che esiste.

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